“Medicina Interna sempre più centrale”. Parla il Direttore

Gabriele Frausini da vent’anni Primario, Direttore della Medicina Interna dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord e Presidente Regionale della Federazione delle Associazioni degli Internisti (FADOI). Gli internisti hanno un ruolo centrale nell’ambito di un modello organizzativo ospedaliero che mette al centro il paziente e non la singola patologia.

Il reparto di Medicina Interna è sempre più centrale nella rete ospedaliera, basti pensare al fatto che questi reparti sono presenti in tutti gli ospedali, anche i più piccoli, rappresentando una specie di tessuto connettivo della rete stessa e di ogni singolo ospedale. Quando sostengo la centralità della Medicina Interna vi assicuro che non lo faccio a difesa o a promozione di parte, ma perché la Medicina Interna coniuga e fa dialogare tra di loro specialisti diversi. Da noi convergono casistiche particolari, per lo più patologie complesse o di difficile definizione diagnostica e gestione terapeutica. La popolazione presenta quasi sempre una pluripatologia e necessita di competenze ampie per una presa in carico articolata. Molto spesso ci troviamo a dover curare pazienti che hanno fatto “il giro delle sette chiese”, da uno specialista all’altro, senza che nessuno abbia messo insieme tutti i pur preziosi dati, che emergono dai singoli approcci specialistici, curando la persona nella sua interezza. In ultima analisi l’Internista non cura la malattia , ma il paziente con la malattia.

Che ruolo ha dunque l’internista nel sistema?
Il ruolo dell’Internista ospedaliero deve passare per una visione unitaria del paziente , che porti all’ottimizzazione diagnostico-terapeutica, affinché possa essere trattato nella sua complessità, attraverso il recupero e l’utilizzo del metodo clinico che negli ultimi tempi è stato un po’ messo in ombra dalle super specializzazioni. L’internista ha anche un ruolo nella gestione corretta delle meravigliose risorse tecnologiche che abbiamo a disposizione; anche qui occorre metodo clinico e appropriatezza: non bisogna fare esami al di fuori di un percorso clinico/diagnostico ben definito in termini di appropriatezza prescrittiva, nel rispetto delle risorse economiche disponibili.

Come si coniuga l’appropriatezza prescrittiva e il problema delle liste di attesa?
In primis bisogna riaffermare con decisione che l’assistenza al paziente è un dovere morale imprescindibile e che la Sanità Pubblica deve, e ribadisco deve, garantire l’esecuzione degli esami diagnostici al paziente che ne ha realmente bisogno in tempi clinicamente utili. Certo è che le prescrizioni sono aumentate esponenzialmente e il Sistema Sanitario non può reggere la richiesta se questa non viene fatta secondo quella che è la corretta pratica clinica e le Linee Guida che dettano le regole prescrittive . Dare tutto a tutti non è pensabile né possibile, per cui occorre gestire dei percorsi in cui il paziente che veramente necessita di un esame lo possa fare in un tempo clinicamente utile. L’appropriatezza è creare priorità cliniche e percorsi per riuscire ad eseguire tutti gli esami necessari al paziente giusto ed al momento giusto.

In che senso?
Noi medici dobbiamo riappropriarci del coraggio di dire al paziente quello che realmente serve o meno. Nel nostro ambulatorio di ecocolordoppler l’appropriatezza prescrittiva non raggiunge il 30 per cento delle prestazioni. Sette esami su dieci sono inappropriati e quindi inutili e vanno ad occupare posti che sarebbero invece stati utili ed indispensabili per altri pazienti. E le colpe vanno a noi medici, senza distinzione tra le figure ospedaliere, specialistiche e del territorio, che a volte non ci rifacciamo a quanto ci suggeriscono le Linee Guida, ma talora anche ai pazienti che vogliono effettuare esami solo perché gli viene suggerito dal vicino di casa o perché ha letto qualcosa su Internet. Non si può fare certamente di tutta un’erba un fascio, ma succede anche questo. So che è un discorso impopolare ma bisogna dirlo. Il Sistema Sanitario deve garantire solo ed esclusivamente gli esami appropriati e quindi clinicamente utili altrimenti la questione liste di attesa diventa solo un modo per fare strumentalizzazione di vario genere e non finalizzato a garantire la salute delle persone.

Le nuove tecnologie possono aiutarci?
Le nuove tecnologie sono fondamentali. Ci aiuteranno a curarci meglio, ma devono essere usate nei pazienti giusti e nei momenti giusti. Le nuove macchine per la diagnostica, l’ecografia, le TAC, anche quelle acquistate da poco e arrivate in Azienda, sono straordinari strumenti per affinare e migliorare le cure. Ma vale il discorso di prima. La prestazione va erogata nel momento del bisogno reale del paziente. E noi medici dobbiamo farci garanti dei percorsi più corretti, non possiamo limitarci ad essere prescrittori. Nella mia vita professionale mi sono sempre dato un’antica regola che prima di accendere un’apparecchiatura diagnostica bisogna ascoltare e visitare il paziente, poi richiedere un esame solo ed esclusivamente se dall’esito dello stesso possono derivare informazioni in grado di farmi prendere o cambiare decisioni utili al paziente. E credo che questa sia la regola da spiegare e condividere con i pazienti.

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